La notizia è positiva perché la compagnia irlandese promette di creare con questo investimento 900 posti di lavoro, ma soprattutto inizierà a fare seria concorrenza alle tariffe delle altre compagnie, con effetti benefici anche per le nostre tasche.
Attualmente le soluzioni che collegano l’Italia a Lisbona sono diverse, tra le più usate spiccano le proposte di Easyjet e di TAP, che però negli ultimi anni stanno alzando costantemente i prezzi.
Su Volo24.it potete trovare una lista aggiornata delle tratte e delle rispettive tariffe, che fra qualche mese vedranno un nuovo concorrente. La nostra speranza è che vengano messe a dura prova dai prezzi delle offerte di Ryanair, così da invertire la tendenza al rialzo degli ultimi tempi.
Infatti dal 1 aprile, sempre che non sia uno scherzo, verrà inaugurata la nuova base e saranno aperte le nuove rotte, tra cui Lisbona-Pisa, con due voli settimanali il martedì e il sabato.
Le tratte per volare a Lisbona con Ryanair saranno quindi operative da Pisa (PSA), Brussels (BRU), London Stansted (STN), Paris Beauvais (BVA), Dublin (DUB), Marseille (MRS), Frankfurt Hahn (HHN), Manchester (MAN) e Dole (DLE).
Senza nascondere l’obiettivo dell’operazione, proprio ieri il direttore commerciale David O’Brien ha inviato alla stampa locale un comunicato in cui dichiara che “le nuove rotte di Lisbona permetteranno ai consumatori portoghesi e ai visitatori di scappare dalle alte tariffe di TAP”, dimostrando di fregarsene della diplomazia e sottovalutando, forse, l’orgoglioso patriottismo tuga.
Comunque, il guanto della sfida è stato lanciato. Riusciranno i voli low cost irlandesi ad avere la meglio sul bacalhau servito dai voli TAP?
]]>Almeno la metà di noi sono convinti che la parola azulejo derivi dal loro colore più tipico, azul, ma purtroppo si tratta di una grande allucinazione collettiva. Infatti il termine azulejo deriva dall’arabo az-zulaiy, pietra lucidata, un tipo di decorazione dall’evidente origine moresca.
In Portogallo arrivò solo alla fine del XV secolo, quando il buon Dom Manuel fece un viaggio in andalusia, dal quale tornò con un’idea: utilizzare lo stesso stile decorativo per il Palácio di Sintra. Quei primi azulejos importati da Siviglia aprirono il varco a innumerevoli decorazioni che ben presto diventarono una moda portoghese, mai sopita. Ancora oggi l’azulejo è la scelta principe per colorare le vie e gli edifici lisboeti e numerosi artisti contemporanei si cimentano con quella che è considerata, giustamente, una forma d’arte.
Per chi fosse affascinato da questo mondo, è consigliata una visita al Museu Nacional do Azulejo, molto ben fatto e situato in un luogo d’eccezione, un convento del Millecinquecento.
Invece, per approfondire lo stato dell’arte, consigliamo un incontro organizzato dalla Câmara Municipal de Lisboa, il 5 e 6 dicembre.
In quei giorni al Teatro Aberto ci sarà il II Encontro de Património Azulejar: O AZULEJO HOJE, nell’ambito del progetto PISAL – Programa de Investigação e Salvaguarda do Azulejo de Lisboa.
Si tratta di un incontro aperto al quale parteciperanno specialisti, creativi, ricercatori, musei e istituzioni. Le tematiche affrontate saranno 4: projeto, produção, conservação e investigação.
L’entrata è libera, con inscrizione obbligatoria fino al 2 dicembre, tramite l’invio a dmrh.ddf@cm-lisboa.pt della ficha de inscrição che potete scaricare qui.
Per altre informazioni sull’iniziativa: 218170900 pisal@cm-lisboa.pt
]]>– Mi passi la salsa di soja?
I portoghesi sono sempre stati grandi viaggiatori, questo vuol dire che si sarebbero spinti fino in Giappone? E quando? Di sicuro molto prima di quanto crediamo.
– Come sono i ravioli fritti?
Il portoghese e il giapponese sono lingue totalmente diverse, quasi incommensurabili: quante possibilità ci sono che le rispettive parole usate per ringraziare siano casualmente uguali?
– Avete provato questi gamberi?
Forse nella notte dei tempi c’é stato un momento in cui un esploratore portoghese ha incontrato un mercante giapponese, sulla riva di un fiume dorato, al tramonto, ai piedi di un vulcano innevato.
– Ci puoi procurare della seta? In cambio ti offriamo questo cesto di segatura.
– Arigatò.
– Da mangiare?
– Arigatò.
– Pesce? Carne? Frutta? Acqua?
– Arigatò, arigatò.
– Uccidiamolo, è posseduto dal demonio!
Addento un granchio agrodolce e osservo i fiori dipinti su un grande quadro al mio fianco.
– Mi scusi, mi porta dell’altro riso cantonese? Ma capirà questo? Sembra posseduto.
L’impero portoghese un tempo si estendeva per tutti i sette mari e oltre. Le caravelle portoghesi si spingevano ovunque e non a caso un tale di nome Cristoforo si rivolse dapprima ai sovrani portoghesi per finanziare il suo folle progetto, ottenendo un lungimirante rifiuto.
– Senta, sono sicuro, non ho ordinato nessuna carne al sapore di pesce!
Un impero immenso, con colonie dappertutto, Marocco, Capo Verde, Azzorre, Madeira, Sant’Elena, São Tomé e Príncipe, Ghana, Guinea, Angola, Brasile, India, Mombasa, Mozambico, Tanganica, Madagascar, Zanzibar, Malacca, Timor Est, Macau… Come avranno fatto a perderle tutte? Anche facendo apposta, è impossibile perdere tutti questi territori, neanche a Risiko…
– Usciamo a fumare una sigaretta?
– Aspettate un attimo, Macau è la risposta! Macau!!!
– Stai bene? Vuoi prendere una boccata d’aria?
Macau è la risposta a tutto. Macau è la soluzione dell’enigma. Macau era una colonia portoghese sul Mar Cinese, vicinissima a Hong Kong. Era il punto di snodo delle rotte commerciali con la Cina e col Giappone, ben prima che gli inglesi conquistassero Hong Kong. Ecco dov’è avvenuto l’incontro tra l’esploratore e il mercante, tra l’Europa Occidentale e l’Estremo Oriente, tra obrigado e arigatò. Marco Polo a confronto era un turista del fine settimana.
A Macau si sono incontrate due civiltà che hanno contaminato le proprie culture, le rispettive conoscenze, espressioni, modi di dire. Forse tutto è nato da un’arcaica forma di ringraziare gli dei, che col tempo è diventata un’usanza comune tra i mercanti di Macau. Forse è stato un decreto dei reali portoghesi, al fine di imporre il proprio dominio culturale in un altro continente.
O forse è stato imposto alla colonia quando Hong Kong è diventata troppo potente: un modo per per ingraziarsi i locali e allo stesso tempo per differenziarsi dai concorrenti inglesi. O magari era una parola in codice, segno che un affare poteva essere concluso, ma senza farlo capire ai potenti olandesi. Un modo semplice ed efficace per concludere affari segreti. Magari armi, schiavi, droga.
Oppure potrebbe essere un codice risalente ai templari, che a quei tempi si erano rifugiati proprio in Portogallo. Potrebbe essere una parola segreta rituale, appresa da antichi samurai e sfruttata dai templari per ordire la vendetta contro Filippo il Bello che li aveva sterminati. E se i templari fossero una banda deviata dell’ordine dei samurai? Erano entrambi ordini religiosi e militari, eroi ascetici spinti da motivazioni superiori, con regole molto simili, riti di iniziazione assimilabili, tecniche marziali quasi uguali.
Non possono essere coincidenze. Senza parlare dei rispettivi simboli: la croce templare è identica all’ideogramma giapponese Shi, che significa samurai…
– Qualcuno vuole il gelato fritto?
Templari-samurai-portoghesi-giapponesi si sono aggirati per Macau nascosti nell’ombra del loro segreto. Ma Macau è in Cina, non in Giappone, e questo spiega perché sto mangiando cinese e non giapponese.
– Chi è che non ha ancora pagato?
Ma pensandoci bene anche Nagasaki è stata un avamposto portoghese. E guarda caso è ancora gemellata con la città di Porto. Porto di contrabbandieri giapponesi camuffati da portoghesi? Però rimane il mistero dell’origine dei samurai-templari.
– Per quale legge imperscrutabile i conti al ristorante non tornano mai?
I conti non tornano, ma devo riorganizzare i pezzi del mosaico. Allora, se ben ricordo in un manoscritto Maya decifrato nel XIX secolo da un abate belga, tale Brasseur de Bourgbourg, viene citata un’antica terra perduta, chiamata Mu, sprofondata a causa di un cataclisma naturale. In effetti nessuno ha mai creduto all’interpretazione dell’abate, ma nel 1926 James Churchward, un ex colonnello dell’impero britannico, pubblica un libro molto interessante. Si intitola “Mu: the lost continent”, l’ho trovato alla Feira da ladra in una riedizione della Porto Editora. Sicuramente non è un caso. Comunque l’autore rirpende le tesi di Brasseur suffragandole con il ritrovamento di alcune tavolette di terracotta, rinvenute in un tempio indiano durante uno dei suoi numerosi viaggi.
E chi aveva le colonie in India? Elementare Watson. Secondo Churchward, Mu sarebbe stato un vero e proprio continente, scomparso anticamente nelle profondità dell’Oceano Pacifico. Ma nel 1985 un subacqueo di un’agenzia turistica scoprì alcune strane strutture sommerse nel Pacifico, precisamente al largo della costa di Yonaguni, in Giappone. Yonaguni è considerata il punto più occidentale del Giappone, e non è lontana da Macau. Anni dopo il ritrovamento subacqueo, il Morien Institute ha esplorato l’area, scoprendo un’enorme struttura di pietra piramidale, simile al Tempio del Sole vicino a Trujillo, in Perù.
Cosa ci fa una piramide uguale in Giappone? Ad oggi nessuno è ancora riuscito a fornire una spiegazione scientifica del fenomeno. Ma secondo alcuni l’antica civiltà descritta da Platone nel Timeo e nel Crizia, meglio nota come Atlantide, sarebbe da identificare con Mu. Nella lingua giapponese Mu è un prefisso utilizzato per denotare l’assenza di qualcosa…
– Ragazzi, mancano 11 euro, due di voi devono ancora pagare.
– Gli lasciamo la mancia o vogliamo disquisire dei singoli di Madonna?
E se la bomba atomica su Nagasaki fosse stata solo il modo più semplice e radicale per cancellare le prove? Tutti pensano sempre a Hiroshima, dimenticando Nagasaki. Perché mai? C’è stata un’opera colossale di mistificazione della storia. Stanno insabbiando le prove.
Non saranno mica i massoni amricani? Gli illuminati forse? E si sono messi pure le piramidi sulle banconote da un dollaro, tanto per bullarsi. Che pagliacci!
– Senti un po’ tu vuò fa’ l’americano, vanno bene pure i dollari, basta che gli lasci anche tu la mancia, non fare il barbone.
Il cameriere aspetta sorridendo e mentre conto le mie monete mi accorgo che sul piattino del conto è raffigurata un’isola in mezzo al mare. Tutto torna. Fisso il cinese dritto negli occhi e lui ricambia lo sgardo. Ci scrutiamo per lunghi secondi, fino a quando il cameriere pronuncia con naturalezza la formula magica – Obligado, obligado.
In quell’istante capisco che lui sa tutto. Continuo a fissarlo e lui non distoglie lo sguardo. Guardandolo fisso negli occhi capisco che lui sa che anche io ora conosco il segreto. Entrambi sorridiamo all’unisono e con un sottile gioco di sguardi mostriamo di sapere entrambi ciò che l’altro sa. Silenzio. Non c’è bisogno di dirci più nulla.
– La prossima volta andiamo a mangiare nepalese?
Mentre esco sotto la pioggia fine un gatto nero mi taglia la strada.
Continua?
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Io Sono Li arriva a Lisbona dopo aver ricevuto prestigiosi riconoscimenti in giro per l’Europa come, per esempio, l’aver fatto parte della selezione ufficiale del Festival Internazionale di Venezia, aver vinto il Premio LUX nel 2012, ed essere stato premiato al BFI London Film Festival e al Festival del Cine Europeo di Siviglia.
Shun Li lavora in un laboratorio tessile della periferia romana per ottenere i documenti e riuscire a far venire in Italia suo figlio di otto anni. All’improvviso viene trasferita a Chioggia, la piccola città-isola della laguna veneta per lavorare come barista in un’osteria. Bepi, pescatore di origini slave, sopran-nominato dagli amici “il Poeta”, da anni frequenta quella piccola osteria. Il loro incontro è una fuga poetica dalla solitudine, un dialogo silenzioso tra culture diverse, ma non più lontane. È un viaggio nel cuore profondo di una laguna, che sa essere madre e culla di identità mai immobili. Ma l’amicizia tra Shun Li e Bepi turba le due comunità, quella cinese e quella chioggiotta, che ostacolano questo nuovo viaggio, di cui forse hanno semplicemente ancora troppa paura.
La protagonista, Shun Li, è interpretata dall’attrice Zhao Tao, vincitrice del David di Donatello (l’Oscar italiano) come migliore attrice per questo film, feticcio del regista cinese Jia Zhang-ke, già Leone d’Oro a Venezia con il film Still Life. Il co-protagonista, Bepi “il Poeta”, è Rade Sherbedgia, uno degli attori più popolari della ex Jugoslavia, che ha lavorato, tra gli altri, con il mitico Stanley Kubrick in Eyes Wide Shut. Infine il regista: il bravissimo Andrea Segre è senza dubbio uno dei nomi nuovi del cinema italiano e, tra l’altro, ha appena presentato il suo ultimo bellissimo documentario su Vinicio Capossela al prestigioso Festival di Locarno.
Film sorprendente e toccante in cui il regista, evitando retoriche o trucchetti per far leva sull’emotività, riesce a raccontare uno dei tanti drammi legati all’emigrazione, dimostrando che la bellezza può essere perfettamente connessa alla rappresentazione della realtà sociale.
Uscita in sala: giovedì 19 settembre a Lisbona: CINEMA CITY ALVALADE
Av. De Roma nº 100, Lisboa (+351 218413040/3 – alvalade@cinemacity.pt)
INFO:
Email Ass. Il Sorpasso: a.c.ilsorpasso@gmail.com
Link: http://www.festadocinemaitaliano.com/Filme/130
Trailer Shun Li e o Poeta from 8 1/2 FCI on Vimeo.
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Infatti, anche quest’anno la nave scuola Amerigo Vespucci fa scalo a Lisbona, nell’ambito del corso della campagna estiva per l’addestramento degli allievi dell’Accademia navale italiana.
L’Amerigo Vespucci è arrivata il 4 settembre e fino al 9 sarà ormeggiata presso il Cais do Jardim do Tabaco (lado esquerdo, cabeços 2-10). La nave della Marina Militare Italiana al comando del Capitano di Vascello Curzio Pacifici sarà aperta al pubblico per visite a bordo, con questo calendario:
Giovedì 5 settembre dalle 16.00 alle 18.30
Venerdì 6 settembre dalle 10.30 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 17.00
Sabato 7 settembre dalle 10.30 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 18.00
Domenica 8 settembre dalle 15.00 alle 18.30
Se volete sapere tutto sulla storia e sulle caratteristiche tecniche della nave scuola Amerigo Vespucci consigliamo di visitare questa pagina sul sito della Marina Militare Italiana.
]]>Solo per bullarci, segnaliamo che grazie all’ultimo annuncio su questo sito ben due lettori di italianialisbona.it sono stati assunti. Il che ci rende molto felici, perché dimostra quanto i nostri adepti siano qualificati e brillanti, ma soprattutto perché ora ci sono due disoccupati in meno a Lisbona.
Se siete tra questi, per candidarvi scrivete a careers.lisbon@interconnexia.com. Qui l’offerta dettagliata:
]]>THE COMPANY:
International company in Lisbon (Europe) and Sydney (APAC), providing world-class customer service and support to our high-fashion and luxury-goods clients in the e-commerce industry.NEW POSITIONS – IMMEDIATE START
THE ROLE:
We are recruiting for multilingual customer service agents to join our International, enthusiastic and friendly Lisbon team.Located on the glamorous Avenida da Liberdade in a newly refurbished, modern office building. Easy access by bus or Metro stations (Avenida). You will be close to restaurants, park-cafés, shopping and popular areas such as Chiado and Bairro Alto.
Your duties will include:
• Handling interesting, complex and varied customer-related enquiries via phone & email
• Constantly delivering superior, world-class customer service to all loyal & VIP customers
• Communicating any escalated customer-related queries or issues with management
• Maintaining accurate customer contacts and records within our CRM systemREQUIREMENTS:
You must be able to fluently speak, read and write in English (business/professional level) and Italian. Fluency in one of the following additional languages will definitely be considered an advantage:
French, Spanish, German, Russian **
• Must be capable of working efficiently as part of a motivated and energised team
• Must be able to multi-task and prioritise
• Must be reliable to fulfill shifts, and be flexible to help with overtime &/or any occasional weekend shifts (as needed)** LANGUAGE QUALIFICATIONS ARE ESSENTIAL REQUIREMENTS FOR THE POSITION
Infatti, uno scrittore famoso + un brand famoso + un aneddoto pop costituiscono un mix perfetto per catturare visite con un articolo sul web. Nel caso del Post anche per piazzare un paio di link a libri venduti su Amazon, sponsor dello stesso, il che tra l’altro ci costringe a sorbire agiografie stucchevoli di Jeff Bezos da parte del direttore. Oltretutto questa pratica sta raggiungendo ovunque livelli da propaganda anni ’30, il che può far sospettare che Amazon stia cercando di costruire una mitologia mediatica del proprio fondatore, seguendo il felice esempio di Apple. Anche se il fatto che si siano appena comprati il Washington Post fa cadere ogni sospetto.
Ma non divaghiamo. L’articolo del nostro Post italiano racconta la storia dello slogan che Fernando Pessoa scrisse per il lancio della Coca Cola in Portogallo. Molto interessante e divertente, ma non si può far a meno di scoppiare dalle risate leggendo queste affermazioni:
Lo slogan scritto da Pessoa per il lancio pubblicitario della Coca-Cola diceva: “Primero se extraña. Después se entraña”. La traduzione potrebbe suonare come: “Prima ti entra nelle viscere e poi ti esce da tutti i pori”.
Ora, visto che personalmente ritengo il Post il migliore aggregatore di blog in italiano, ho deciso di dare un contributo costruttivo, attuando un semplice fact checking. Il fact checking è un’utilissima pratica giornalistica, molto usata nei paesi in cui, a differenza dell’Italia, esistono organi di informazione; come tutto ciò che è anglosassone, anche sul nostro Post è diventato di moda (cfr. Davide De Luca), il che è senz’ombra di dubbio molto positivo. In parole povere fare fact checking significa controllare ciò che viene affermato da qualcun altro, mostrando che sono tutte cazzate. Bene, visto che al buon Fernando ci teniamo come se fosse un fratello, chiariamo un paio di fatti.
1) La frase riportata “Primero se extraña. Después se entraña” non è in portoghese, bensì in spagnolo. L’ipotesi che il sommo poeta abbia potuto scrivere questo slogan in spagnolo è molto divertente. Chiunque sia stato in Portogallo conosce l’amicizia che contraddistingue da sempre le due nazioni vicine, che si esplicita nell’insultare apertamente chiunque abbia un vago accento spagnolo. Immaginare che nel 1929 la Coca Cola abbia basato la sua campagna pubblicitaria portoghese su uno slogan in spagnolo è molto stimolante. Si può arrivare a dedurre che l’Estado Novo sia solo una reazione a questo affronto di portata colossale.
Purtroppo la realtà è meno divertente della fantasia, perché Pessoa scrisse quella frase in portoghese, così: “Primeiro estranha-se, depois entranha-se”.
2) La traduzione riportata (“Prima ti entra nelle viscere e poi ti esce da tutti i pori”) è un capolavoro di mistificazione, sia che venga applicata allo spagnolo che al portoghese. Anche in questo caso, immaginare che la campagna pubblicitaria sia basata sull’idea che fuoriesca Coca Cola da tutti i pori di chi l’ha bevuta è molto stimolante. A quel punto potevano usare “Bevi Coca Cola e suderai glucosio appiccicoso”. Vendite alle stelle.
Purtroppo, anche in questo caso la traduzione reale è molto meno divertente e suona più o meno così: “Prima ti stupisce, poi ti entra nelle viscere”. Certo, in portoghese suona molto meglio, ma il significato è all’incirca questo, cioè nulla a che vedere con quanto riportato.
Infine, per evitare che questa postilla venga intesa come polemica, spezzerò una lancia in favore del Post: l’articolo è stato pubblicato di domenica mattina, a fine agosto, nel fine settimana in cui ricomincia la Serie A.
Bevi Fernando Pessoa. Delizioso e rinfrescante.
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Il locale ha aperto da circa un anno e, come è facilmente intuibile dal nome, punta tutto sul marchio Italia, con piatti e vini tipici in un ambiente amichevole e raffinato dove tira aria di casa. Per andare sul sicuro l’Osteria Bucatini si affida all’esperienza di Gianni Ravaglioli, chef italiano di Castrocaro Terme e maestro nell’antica arte della cucina; un cuoco D.O.C. di alto livello, da una delle regioni che più possono dire la loro quando si tratta di sedersi a tavola. Gianni cucina con passione, usa solo pasta fresca fatta in casa e si assicura che tutti gli ingredienti siano di qualità: le materie prime arrivano direttamente dall’Italia, quindi scordatevi le scialbe imitazioni che vi propinano a ogni angolo di mondo. Se c’è una cosa di cui noi italiani ci possiamo ancora vantare è senza dubbio la sconfinata tradizione gastronomica, e ritrovarla all’estero, genuina e verace, rappresenta una felice eccezione.
Il risultato infatti è notevole, perché nel piatto arrivano prelibatezze che si possono trovare solo nelle antiche trattorie di provincia, o in alcuni ristoranti di lusso. Già appena ci si siede si capisce che non si è in un posto qualsiasi, anche il pane è fatto in casa e la tipica usanza portoghese del coperto viene tradotta in parmigiano stagionato e intingoli a base di paté di fegato e salmone, altro che olive.
Con gli antipasti si viene definitivamente avvolti dal profumo del bel paese: carpaccio di manzo, bresaola con funghi e parmigiano, melanzane ripiene, cozze gratinate coi funghi, scamorza fusa con prosciutto di Parma, gamberoni balsamici…
Tra i primi compaiono alcuni grandi classici come le lasagne e i cannelloni, gli spaghetti allo scoglio, i bucatini all’amatriciana, gli gnocchi alla genovese, il risotto alla piemontese, fino a raggiungere vette altissime con le lasagne al salmone, i ravioli anatra e arancia, e le tagliatelle al nero di seppia e vodka con salmone affumicato e caviale. Menzione speciale per le linguine al pesto della casa, preparato da Gianni con basilico, rucola, mandorle e pecorino.
Se ancora non avete addentato lo schermo del computer, provate solo a immaginare la tagliata alla fiorentina o la bistecca alla valdostana con prosciutto, formaggio, burro e vino. Ovviamente accompagnate con ottimo vino italiano, anche se sulla carta dei vini ce n’è alcuni portoghesi che non scherzano affatto. Ma come ci confermano all’Osteria, i clienti scelgono soprattutto vini italiani.
Anche per i nostalgici della pizza le opzioni non mancano, oltre a quelle classiche c’è la possibilità di prepararsela su misura scegliendo gli ingredienti preferiti, tra cui dominano i formaggi tipici come provolone affumicato, gorgonzola e mozzarella di bufala.
Per concludere, niente di meglio di un bel tiramisù o una panna cotta ai frutti di bosco. Con caffé e ammazzacaffé italiani.
Come se non bastasse, la stessa Osteria Bucatini è anche un apprezzato bar, aperto fino a tardi. In questo campo che si prende cura del palato degli ospiti è un barman arrivato da New York, per l’esattezza da Giorgione, un locale di Soho. Le sue specialità sono i cocktail a base di gin e il consiglio è di fidarsi e lasciarsi consigliare da lui, a meno che non si sappia cos’è un Martin Miller.
I prezzi sono veramente accessibili e viene da pensare che potrebbero essere più alti per un ristorante italiano all’estero con questa qualità. In definitiva è un ristorante per tutti, coppie, amici, famiglie e giovani, e mentre mangiavamo al tavolo di fianco era seduto nientedimeno che il sindaco di Lisboa, uno che di ristoranti in città se ne intende abbastanza.
Osteria Bucatini
Rua da Alfândega, 106 | Lisboa 1100-016
Prenotazioni: reservas@bucatini.pt | 218 871 068
Sito web: www.bucatini.pt
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Vila Praia de Âncora
Vila Praia de Âncora è la spiaggia più famosa e frequentata della regione nord del Portogallo, la cosiddetta Costa Verde. Situata in un villaggio di pescatori, a differenza della maggior parte di questo tratto di costa, Villa Praia de Âncora presenta non solo acque cristalline, ma anche un mare molto calmo, perfetto per tutti i nuotatori. Inoltre, nei dintorni della spiaggia sono presenti ristoranti in cui assaporare la cucina tipica portoghese.
Praia do Beliche
La spiaggia di Beliche è posta tra le scogliere vicino alla cittadina Sagres, in uno dei punti più incontaminati dell’Algarve. La sabbia dorata e le acque poco profonde rendono la Praia do beliche un luogo ideale per famiglie con bambini piccoli e per chi ama praticare snorkeling. Allontanandosi, però, dalla baia sabbiosa le onde si fanno alte e selvagge, adatte ai migliori surfisti. Inoltre esiste una parte di spiaggia dedicata a naturisti e nudisti.
Praia do Carvoeiro
La spiaggia di Carveiro è detta anche la “città-spiaggia” poiché si trova incastonata proprio tra le rocce nel centro della cittadina di Carvoeiro, davanti alla piazza principale. Questa Praia è una delle mete preferite dai turisti per la particolarità e la bellezza del panorama. Inoltre, si tratta di un lido ben attrezzato di servizi, bar, scuole di sub e noleggio moto d’acqua. I pescatori della zona noleggiano le proprie imbarcazioni per effettuare escursioni nelle bellissime grotte che popolano questo tratto di costa.
Praia do Paraiso
Questo lido è situato in vicinanza della città di Carvoeiro, ma lontano dalla confusione e dall’affollamento della cittadina. Praia do Paraiso è una piccola insenatura raggiungibile attraverso un percorso a piedi, e si presenta come una spiaggia isolata circondata da scogliere color miele e da un mare profondo e incontaminato, perfetto per chi desidera un vero e proprio paradiso terrestre. Affollato durante l’estate e il fine settimana, è comunque una spiaggia ideale per i mesi primaverili e autunnali, grazie a un costante clima mediterraneo.
Praia da Caparica, lungo la costa di Lisbona
La Costa Caparica è situata a sud di Lisbona, e si estende per circa 30 km con una spiaggia sabbiosa di colore bianco e mare verde-blu. Ricca di bar, ristoranti e locali, in questo lido c’è possibilità di sorseggiare ottimi cocktail al tramonto, ammirando tutto il panorama della costa. Perfetta per praticare surf, windsurf e beach volley, la spiaggia di Caparica è posta vicino a un villaggio di pescatori caratterizzato da case basse e minuscoli vicoli pittoreschi.
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La mattina del 1 Novembre un sisma terribile ha colpito la città, distruggendo la maggior parte dei suoi edifici. Il caso vuole che in quel preciso istante i lisboeti stessero celebrando la messa per la festività di Ognissanti, e la grande devozione degli abitanti voleva che non si risparmiasse sulle candele. Terremoto, candele, vento e legno non sono una combinazione propriamente felice.
Si narra che i sopravvissuti alle prime scosse e agli incendi che avvolgevano la città si siano rifugiati nella Baixa, vicino al fiume, assistendo a un riflusso delle acque che permise di vedere i resti delle navi affondate sul letto del Tejo. Qualche minuto dopo uno tsunami con onde alte più di 10 metri investì il porto e il centro, spazzando via ciò che aveva resistito al terremoto. Si stima che le vittime siano state intorno ai 90 mila, circa un terzo della popolazione totale della città.
Questa terribile catastrofe ha segnato per sempre l’immaginario collettivo lisboeta, a tal punto che ancora oggi se ne parla con una diffusa sensazione di paura. Per la capitale di un paese cattolicissimo com’era a quel tempo il Portogallo un evento apocalittico di questa portata ha avuto senza dubbio effetti devastanti, soprattutto se si considera che la catastrofe è avvenuta durante la messa di un giorno santo e ha distrutto le chiese, i conventi e le cattedrali principali. Inoltre, l’unica zona scampata alla catastrofe è l’Alfama, che a quei tempi era il quartiere in cui vivevano musulmani ed ebrei.
Tali fenomeni, inconciliabili coi dogmi religiosi di molti, hanno così scatenato un secondo terremoto, questa volta culturale, che si è propagato rapidamente per tutta l’Europa. Per un cristiano del Settecento doveva essere molto difficle spiegare perché dio avesse deciso di devastare un’intera città mentre tutti pregavano, risparmiando solo gli infedeli.
L’effetto collaterale è ben rappresentato nel Candide di Voltaire, un racconto dall’emblematico sottotitolo “L’optimisme”, scritto sulla scia emotiva della strage. L’ottimismo in questione si riferisce alla teodicea di Leibniz, che affronta il non facile problema della coesistenza tra la giustizia divina e l’imperfezione del creato, o in parole povere: se dio è perfetto, buono e giusto, come si giustifica il male presente nel mondo?
La risposta di Leibniz, secondo il quale viviamo nel migliore dei mondi possibili, non ha mai convinto Voltaire, soprattutto perché se messa di fronte a un ecatombe sproporzionata come il terremoto di Lisboa appare perlomeno discutibile. Quindi nel corso del racconto il buon Candido mette in dubbio gli insegnamenti del leibniziano Pangloss, maestro di metafisico-teologo-cosmologo-scempiologia, poiché la bella trovata del migliore dei mondi possibili è incapace di rendere conto di un aspetto empirico fondamentale dell’esistenza, che può essere metafisicamente sintetizzato dal concetto di sfiga micidiale. Un concetto che peraltro, per ragioni squisitamente letterarie, il povero Candido è costretto a illustrare personalmente durante lunghissime pagine di disgrazie esemplificative.
Dopo aver dimenticato insegnamenti secondo i quali, essendo tutto quanto creato in vista di un fine, tutto è necessariamente inteso al fine migliore, come è evidente constatando che i nasi sono fatti apposta per reggere gli occhiali, e noi infatti abbiamo gli occhiali, il nostro eroe giunge esausto al memorabile epilogo affermando “Ma noi bisogna che lavoriamo il nostro orto”.
Qualcosa di simile dev’essere stato pensato anche dal Marquês de Pombal, che oltre a essere una rotonda enorme e trafficatissima era anche il ministro che ai tempi del terremoto ricostruì Lisbona. Il Marchese innanzitutto contribuì alla nascita della sismologia moderna, inviando un questionario scientifico a tutte le parrocchie (auguri…), contenente domande metodologicamente precisissime su quei concitati istanti, quali “Cos’è successo nei pozzi?” o “Gli animali hanno assunto un comportamento strano?”.
Ottenute, forse, le risposte che cercava, fece costruire i nuovi edifici, dotandoli delle prime misure antisismiche della storia, le quali furono messe alla prova da numerosi test che simulavano un terremoto tramite l’utilizzo di plotoni di soldati in marcia.
Gli edifici passarono la prova e ancora oggi si ergono maestosi resistendo alle truppe di turisti in marcia per la Baixa. Questo esercito variopinto si scontra ogni giorno con un altro esercito molto più addestrato, formato da tutti gli artisti di strada che quotidianamente mungono i barbari stranieri con tecniche di elemosina raffinatissime. I guerrieri più navigati riescono a guadagnare, lavorando 4 ore in un giorno di sole, intorno ai 100 euro, creando non pochi dubbi esistenziali a chi passa 8 ore in ufficio e ha avuto la pessima idea di informarsi sul bottino di guerra. Sul campo di battaglia si vede di tutto e nulla è proibito: un equilibrista sul monociclo, un vecchio illusionista, un flautista medievale, un elegante chitarrista brasiliano, un giocoliere ubriaco, un fricchettone che fa bolle di sapone, un cagnolino che balla, un punkabbestia sputafuoco, un marine palestrato, un trampoliere precario, una dama con ombrello e cappellino, un pagliaccio eroinomane, un Napoleone postmoderno, un gruppo di percussionisti capoverdiani, una big band di ottoni…
Il premio della critica va all’unanimità alla statua invisibile, un genio che lascia in Rua Augusta il suo cappello per le monete e un cartello che ci informa che stiamo ammirando una statua invisibile. Mentre probabilmente l’autore della performance si gode l’effetto della sua trovata geniale comodamente seduto al bar. Ma è invisibile, quindi non si può vedere in quale bar sia.
Meno visionario, ma tra i più gettonati, letteralmente, spicca senza dubbio il Mozart di pietra, con tanto di volatili meccanici e musica a gran volume, ovviamente solo pezzi originali di se stesso. Anche se forse Mozart forse non sa che il suo alter-ego compositore è nato tre mesi dopo il terremoto che ha distrutto le vie in cui ora si esibisce: mentre veniva ricostruito il centro di Lisbona il parruccato bambino prodigio costruiva incredibili cattedrali armoniche.
La sua musica ora si insinua tra i palazzi settecenteschi della Baixa così come allora si insinuava tra i palazzi viennesi nel Settecento, in una perfetta geometria armonica tra le linee dello spazio architettonico e le linee del tempo musicale.
Se invece possedete una psiche deviata come la mia, provate a immaginare la potenza distruttiva del terremoto, delle fiamme e dello tsunami, sovrapposta alla serenità dell’elegante equilibrio melodico. La tensione sprigionata è drammaticamente sublime, e se siete fortunati vedrete Apollo e Dioniso che si incontrano in Baixa per un caffé.