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13 Giugno, Santo António e l'Alfama | Italiani a Lisbona
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13 Giugno, Santo António e l’Alfama


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Manjerico Santo Antonio Lisboa

Manjerico Santo Antonio LisboaTutti i colori immaginabili. È come se un prisma gigante fosse sospeso sopra la città, moltiplicando la luce del sole in mille raggi caleidoscopici.
Le strade sono camaleonti rapidissimi, che guizzano scattando in tutte le direzioni, senza capire quale sia la ragione di un caos così complesso. L’Alfama oggi è una tavolozza dimenticata da un pittore pazzo, scappato in fretta e furia per partecipare alla festa di Santo António.

Seguendo l’istinto mi spingo con decisione tra la folla, o meglio, la folla mi trascina seguendo il suo istinto irrazionale, al quale non mi oppongo, perché sono sicuro che lasciandomi trasportare dal caso arriverò in qualche posto meraviglioso. È una questione di pura statistica, di vasi comunicanti e di fiducia verso i grandi numeri, perché se tutte le volontà individuali di gente che ne sa molto più di me vengono sommate, allora la corrente del fiume umano tenderà come una calamita verso il cuore della festa, eletto a suffragio universale.
O forse più semplicemente non ho alternative e posso solo guardare il mio corpo inerme mentre viene spinto brutalmente da qualche parte.

La sardina, in tutte le sue declinazioni, è l’elemento ricorrente del mio viaggio galleggiante: sardine grigliate, mangiate, gettate, urlate. Sardine di carta colorata appese ovunque, sardine sui muri, sulle strade, sulla gente. Se alzo gli occhi verso il cielo mi sembra anche di vedere la costellazione della sardina, luminosissima, immensa.
Dappertutto decorazioni, festoni, striscioni, ma soprattutto baffoni e camicie a quadrettoni. E un cocktail micidiale di suoni. Urla e schiamazzi fanno da contrappunto a fisarmoniche deliranti, accompagnate da tamarrissime drum machine da balera, mentre tastiere ipnotiche e primitive si fondono a tappetoni d’archi d’altri tempi.

Sardinhas Festas de Lisboa 2013 Santo AntonioIl magnetismo della folla imbizzarrita mi spinge da un palco all’altro senza tregua, ad ogni angolo si apre un altro baraccone festaiolo, una nuova banda, un nuovo ballo, l’ennesimo brindisi. Senza capirne il motivo mi ritrovo nel mezzo di un concerto ancora più animato degli altri, nonostante pochi minuti prima fosse impossibile immaginare un livello di confusione superiore.
Tra le luci del palco si stagliano le figure dei musicisti, che si accordano perfettamente con la musica indiavolata sputata con violenza dagli amplificatori. Uno spilungone con la faccia da indiano e il cappello da cowboy sta ridendo estasiato, mentre sfrulla la sua chitarra acustica con pennate ritmatissime. Dietro di lui un tipo serio con un paio di occhiali improbabili pizzica il contrabbasso con lo sguardo fisso sul leggio. Un tamburo gigante nasconde il percussionista che lo imbraccia martellandolo con decisione e fa pensare a una scimmietta giocattolo automatica che batte i piatti, però vestita da mafioso degli anni ’30. Al suo fianco c’è un chitarrista che barcolla paonazzo e indossa un cappellaccio nero, una pacchiana camicia di paillettes dorate e una chitarra elettrica minuscola che sembra aver rubato a un bambino. Nel mezzo del palco spicca un brasiliano esagitato, vestito con un frac da rigattiere e terribilmente sudato, che suona furioso un mandolino e continua a battere i piedi goffamente.

Sotto il palco la gente impazzisce, perché come ogni anno il 13 giugno si ripete la festa massima della città e del suo quartiere più antico, l’Alfama, che per l’occasione decide di abolire tutte le regole di convivenza civile. Santo António è l’unica festa veramente popolare e trasversale, nella quale tutta la città, dai vecchi ai bambini, scende in strada eccitata a festeggiare. Se invece di un gruppo dal vivo ci fosse della techno minimale, o i rumori di un’autostrada mixati in loop, o un metronomo gigante amplificato, il risultato sarebbe lo stesso, ciò che importa è far cantare i bicchieri e onorare il patrono della città.

Santo António era il santo del popolo, un predicatore convinto, un viaggiatore, un francescano estremista, insomma un duro, che fece miracoli ovunque e venne amato dagli ultimi degli ultimi. La sua festa ha origine nei rituali pagani del solstizio d’estate, legati alla fecondità della terra, all’arrivo del caldo, alla stagione dell’amore. Non per niente Santo António è il santo del matrimonio e il patrono delle giovani coppie. Ancora oggi il 13 giugno i ragazzi donano piante di basilico alle giovani desiderate e il comune di Lisbona offre matrimoni totalmente pagati ad alcuni cittadini estratti a sorte.

Santo António da tempo immemorabile svolge il rituale dell’accoppiamento, il compito che nella storia dell’umanità è sempre spettato alle feste di paese. Nel contesto della castissima morale portoghese questo evento catalizza tutti gli impulsi repressi e per un giorno inscena la catarsi dalle imposizioni del buon costume. Ridendo, anche la nonna e la nipotina ballano insieme la pimba, la musica tradizionale della festa, cantando con innocenza metafore oscene che suonerebbero sconce anche se pronunciate da un camionista ubriaco.

Mentre continuo a ballare con un sorriso ebete mi rimbombano in testa i versi del Sommo Poeta Quim Barreiros, maestro indiscusso della pimba e autore di pezzi immortali che evocano immagini dense di significato: il garage della vicina, il petto della capretta, il baccalà di Maria, la serratura di Rita, il treno che fischia, il gelato gustoso…

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