Flatform è il nome di un collettivo di artisti e videoartisti creato nel 2007, con sede a Milano e Berlino.
I loro emblematici lavori meritano un’attenzione speciale in quanto testimonianze della crescente apertura e della continua flessibilità del cinema come mezzo di espressione artistica.
Alla base della poetica visiva dei Flatform c’è una profonda riflessione sull’arte e sul vuoto, inteso in senso heideggeriano: un vuoto che non è semplice nulla ma che, al contrario, è intriso di segni ed elementi invisibili. Un vuoto che racchiude quel caos che i Flatform cercano di lavorare, strutturare e rendere visibile, tentando di far emergere da esso una visione. Il linguaggio cinematografico si fa mezzo attraverso il quale decostriure l’ordine spazio-temporale ed è proprio per questo che non si registra nessun intento citazionista né emulativo. Il gioco consiste nell’arrivare al limite tra possibilità e impossibilità, ma non è un gioco nel senso ludico del termine, è piuttosto uma messa in gioco di tutti quegli elementi che caratterizzano la lingua della settima arte.
La loro minuzia artistica li porta all’elaborazione di fotogramma per fotogramma che, ripulito da elementi di disturbo (persone, alberi, cavi, pali…) formano Intorno allo zero (2007), un video della durata di poco meno di quattro minuti ma che racchiude in sé un anno di lavoro.
Nella loro ricerca metacinematografica c’è spazio anche per il testo scritto e la voce off che viene scelta per declamarlo in Un luogo a venire o in Domenica 6 Aprile, ore 11.42 (2008). Non è una semplice scelta estetica bensì un mezzo in più attraverso il quale poter rafforzare la riflessione sul paesaggio, luogo cruciale del rapporto tra soggetto e modernità. In Un luogo a venire (2011), in particolare, la sfalsatura tra testo parlato e immagini, oltre a creare un effetto di loop, arricchisce il discorso concedendo spazio ad un’ulteriore riflessione riguardante la possibilitá e l’impossibilitá dell’esistenza dei mondi. Tutto questo senza mai ricorrere all’uso di immagini sintetiche. La loro produzione, infatti, si basa sull’utilizzo di riprese reali provenienti da un’attivitá quotidiana e costante.
Il rapporto osmotico tra cinema e installazione artistica è testimoniato in video come 57.600 secondi di notte e luci invisibili (2009): il video esiste anche in una versione installativa realizzata con un sistema di multiproiezione capace di determinare quella che lo stesso gruppo definisce pulsazione dello spazio. Uno spazio che i Flatform considerano nelle sue varie forme: da quello artificiale, chiuso, asettico e quasi claustrofobico simbolicamente occupato dall’uomo di In Natura non esistono effetti speciali, solo conseguenze (2007), a quello naturale, luminoso e aperto di Non si può nulla contro il vento (2010).
Nella continua creazione di nuove visioni, i Flatform non dimenticano mai l’importanza né del punto di vista né dell’atto della proiezione in sala che si fa, così, azione all’interno del territorio.
Cristina Terzoni
[Dal catalogo di 8 ½ Festa do Cinema Italiano]
Mercoledì 18 aprile il collettivo Flatform sarà presente all’Espaço Nimas, dove verranno proiettati 6 video firmati Flatform con la presenza degli artisti – 8 ½ Festa do Cinema Italiano.
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