Antonio Tabucchi, scrittore, massimo esperto italiano di letteratura portoghese e padre di tutti gli italiani a Lisbona, è morto domenica scorsa nella sua città, Lisboa.
Nel romanzo Sostiene Pereira, il giovane Monteiro Rossi viene contrattato da Pereira per scrivere necrologi anticipati di personaggi famosi ancora in vita, in modo che siano già pronti per essere successivamente pubblicati sul quotidiano Lisboa. Questa pratica un po’ cinica ha un senso preciso: è impossibile scrivere qualcosa di sensato sulla morte di un personaggio illustre nel momento in cui il destino lo richiede all’improvviso. L’emotività prevale e i discorsi appaiono inevitabilmente vuoti. Mai avrei pensato di scrivere un articolo simile su questo sito, quindi non mi sono preparato come Monteiro, anche perché sono convinto che in questi casi qualsiasi parola sia inutile e superflua. Ma allo stesso tempo ora sento la necessità di ringraziare Antonio Tabucchi e di lasciare pubblicamente un messaggio di stima nei suoi confronti, benché mi senta inadeguato nel farlo.
Ho letto Sostiene Pereira per la prima volta molti anni fa, quando non ero ancora mai stato a Lisbona. Dalla prosa di Tabucchi traspare un amore incondizionato per la città che aveva scelto come suo luogo adottivo. Grazie a questa passione i suoi testi riescono a comunicare brillantemente i colori più caratteristici della città in cui anni dopo ho scelto di vivere. L’immagine di Lisbona che mi sono fatto durante gli anni è iniziata da quel libro. Se ho scoperto Lisbona e ora ci vivo è anche merito di Tabucchi e di questo lo ringrazierò per sempre.
Inoltre, lo ringrazierò perché è riuscito a dare ai portoghesi un’immagine di una parte d’Italia di cui andare molto orgogliosi. Non è poco, soprattutto oggi.
Ma lo ringrazierò soprattutto per l’impegno sociale e politico che si esplicitava non solo nei suoi libri, ma nelle costanti collaborazioni con giornali e riviste. Quando parlo di politico non mi riferisco al senso che questa parola ha assunto nel desolante scenario contemporaneo, ma intendo l’interesse e l’impegno per le questioni che ci riguardano tutti in quanto membri della stessa società. Tabucchi usava la sua penna per contrastare tutti i fascismi che pervadono il nostro mondo, per ricordare le ingiustizie e i regimi passati e per combattere quelli presenti. Nonostante vivesse per la maggior parte del tempo a Lisbona, lo scrittore lottava per la libertà d’espressione nella pseudo-repubblica italiana. Per questi motivi fu anche portato in tribunale da Schifani, il quale gli chiese più di un milione di danni perché non contento di un articolo in cui Tabucchi poneva domande sul passato, sui giri d’affari e sulle amicizie mafiose (presunte, perché sapete tutti che in Italia la mafia non esiste) dell’onorevole. Essere citati in giudizio dal presidente del senato, in un paese come l’Italia, è segno evidente di grande valore umano e civile.
Abbiamo appena perso il più grande degli italiani a Lisbona, facciamo in modo di non perderne lo spirito.
Chi non conoscesse le opere di Antonio Tabucchi può trovarne qui l’elenco (Wikipedia).
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“So sempre, anche se a volte resta vago, quando un’anima o un personaggio sta viaggiando in aria e ha bisogno di me per raccontarsi”.
(A.T.)
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Anche per me Tabucchi è stato una pietra miliare delle mie letture pre-durante-post Lisbona. Ho letto e riletto Sostiene Pereira e Requiem per riassaporare i posti dove ho vissuto, da lui descritti con grazia e passione.
Mi diaspiace che se ne sia andato.
Un saluto,
Serena
P.s. Non mi sono dimenticata, ho dei tempi lunghi… 😉